Mostra Fotografica
BIBLIO - USG > Gli Eventi
						
						"Oltre l'Obiettivo: 
il Mondo di Peppo Cozzi"
Ritratti e paesaggi dei luoghi amati
Più di un centinaio di scatti sono in mostra dall’1 al 22 giugno a Palazzo Leone da Perego per ricordare Giuseppe Cozzi,
L’esposizione, organizzata dal Comune di Legnano e dall’Archivio Fotografico Italiano (AFI) e realizzata in collaborazione con Auser Canegrate “Cultura dei sogni”, Società cooperativa Bell’Unione, Università Sempre Giovani Canegrate ed Enoteca Longo è curata da Claudio Argentiero ed è suddivisa in sezioni che riflettono l’attività e gli interessi di Giuseppe Cozzi: Palio di Legnano, Paesaggio italiano, Venezia, Monumenti di Milano, Valganna e Ritratti.
La mostra avrà un evento collaterale venerdì 13 giugno alle 21 con la proiezione del diaporama “La Magia dell’insieme”. Un dialogo fra le poesie di Emily Dickinson e le fotografie di Peppo accompagnate dalle Variazioni Goldberg di Bach.
Giuseppe Cozzi, Peppo per gli amici, ci ha lasciato poco più di un anno fa.  Se ne è andato in silenzio, umilmente, come gli era solito fare, quasi per non disturbare. Eppure, ci lascia un cumulo di ricordi che sarà impossibile rimuovere. Soprattutto il ricordo del suo sguardo, con cui ha fotografato, in molti anni di attività, volti e luoghi che gli erano cari. E così ricorderemo le sue immagini, meravigliose, di Venezia, colte in ogni momento del giorno e della notte. Giuseppe le aveva impaginate con cura, accompagnandole a musiche che aveva scelto, e che amplificavano l’effetto della visione e della emozione che ne conseguiva. O le immagini di Matera, quasi metafisiche nella loro silenziosa immaterialità. Per non dire del lungo, appassionato lavoro per rendere la bellezza segreta del lago di Ghirla con ogni stagione e in ogni momento dell’anno.
Ho avuto la fortuna di condividere con lui la lunga ricerca sui monumenti di Milano, da cui è scaturito un libro di cui entrambi andavamo fieri: monumenti fotografati con amore, e che sembrano recuperare un’anima, per la vitalità che Giuseppe ha saputo restituire. E poi la scelta appassionata di un nucleo di immagini quasi “parlanti “ con cui ha corredato un altro libro in comune, dal titolo “Rott’amati”.
Ma Giuseppe è stato anche l’autore di una serie di scatti tragicamente emblematici di un suo viaggio ad Aushwitz, da cui aveva tratto una mostra che, a Busto Arsizio, ha suscitato l’interesse, la curiosità e le domande di numerose scolaresche. Oppure l’autore di una serie infinita di volti, soprattutto femminili, da cui Giuseppe sapeva trarre l’essenza, il fascino, la singolarità. Forse in quei volti ha saputo realizzare le sue opere migliori.
Gli occhi di Giuseppe: uno sguardo tenero, come era il suo carattere, non intrusivo, ma capace di cogliere l’attimo fuggente. Un lascito prezioso, per tutti noi, che continueremo a guardare coi suoi occhi le immagini che lui ha immortalato. Con un’ultima perla, che sarà presentata nell’attuale mostra: 31 scatti che Giuseppe aveva scelto per accompagnare altrettante poesie di Emily Dickinson, e, contemporaneamente, il percorso meraviglioso delle variazioni Goldberg di Bach. 
(Pino Landonio)
						
						
						Il Palio: gli attimi
L’amicizia con Giuseppe è durata a lungo: nati nello stesso anno, a solo un mese di distanza l’uno dall’altro, abbiamo vissuto le comuni utopie della nostra generazione, ci siamo ritrovati nella grande fabbrica, e abbiamo condiviso sogni e speranze, sconfitte e delusioni. La mia passione per la comunicazione, la sua per la fotografia, non potevano che produrre ulteriori intrecci, su sentieri condivisi nella consueta umiltà con cui offriva la propria collaborazione. Ho avuto dunque il piacere di pubblicare i suoi scatti su Sempione news, quotidiano online dell’Alto Milanese, e ancor più sul Carroccio, il periodico del Collegio dei Capitani e delle Contrade del Palio di Legnano che ho diretto per anni. Non potevano mancare, nel numero speciale a ridosso del Palio stesso, intitolato Giorni di passione, le pagine dedicate alla sua capacità di riprendere i figuranti, disegnando nei tratti e le vesti, cogliendone i pensieri con rara maestria, quella del pittore che sa costituirsi un proprio punto di vista al di là della maniera, nella misurata selezione: dote rara, e preziosa, soprattutto in una manifestazione in cui è facile che la qualità venga sommersa dalla quantità. Non allo stadio, tanto meno nelle acque agitate della corsa conclusiva in cui si affrontano i destrieri delle otto Contrade, ci trovavamo in piazza Carroccio, dove musicanti e guerrieri, cavalieri e dame, si preparavano, pacifici come i bianchi buoi prima di essere aggiogati all’antico carro, a incolonnarsi per il corteo storico nelle vie della città. E tutti noi in redazione eravamo contenti di avere i suoi “volti”, di una serenità quasi irreale, nelle nostre pagine, tristi per averne perduto il seguito.
 (Gigi Marinoni)
Ritratti: le espressioni
I volti sono l’interiorità nascosta, i sensi, la maschera del non detto.
I volti sono francobolli vidimati dal tempo
Uno scandalo che denuda i pensieri e le intenzioni.
I volti sono ricordi che deridono il loro passato
I volti sono una pozione chimica nella quale circolano le domande
I volti sono lingue senza alfabeto
I volti sono lettere che restano sempre chiuse.
(Amal Al-Juburi)
Per riconoscere un grande fotografo, a volte, occorre risalire alla sua abilità nel ritrarre i volti delle persone. Nulla di più difficile: non si tratta di una natura morta, e nemmeno di un paesaggio. Si tratta di decifrare, al di là dei lineamenti, uno stato d’animo, una storia vissuta, una gioia o un dolore inespresso. Come dice la bella poesia di Amal Al-Juburi, poetessa irachena.
Giuseppe Cozzi ci ha consegnato centinaia (migliaia forse) di volti, colti in istantanee. La sua tecnica non è quella di “posare”, ma di cogliere l’attimo, l’attimo fuggente, e in quello impressionare il ricordo di una persona. Ecco allora riapparire volti di giovani come di anziani (in prevalenza donne, per la verità) mai banali o privi di significato. Volti che parlano e “ci” parlano, raccontandoci storie che sta a noi interpretare, attraverso gli occhi di Giuseppe.
Scopriremo sorrisi pieni di speranze come rughe segnate dal tempo e dal dolore, volti festanti oppure tristi, volti curiosi, che sembrano porsi o porci domande, volti belli e no, volti arrabbiati o in pace con sè e con gli altri. Persone, insomma, in cui possiamo riconoscere qualcosa di noi stessi.
Diceva Anna Achmatova nel suo Requiem: “Ho appreso come s’infossino i volti / come di sotto alle palpebre s’affacci la paura / come dure pagine di scrittura cuneiforme / il dolore tracci sulle guance / come i riccioli da cinerei e neri / d’un tratto si facciano d’argento…”. In quei versi c’era il segno di un dolore grande, ma anche del semplice incedere del tempo. E il tempo, sia quello perduto che quello ritrovato, di proustiana memoria, non è forse il compagno più solerte, più certo e inesorabile delle nostre esistenze? Giuseppe, a modo suo, ce lo ricorda.
Giuseppe amava le persone. E lo si riconosce da come le sapeva ritrarre, nel loro tempo, nell’attimo fuggente. Riconsegnandocele con trasparenza, con onestà, con affetto. A noi cogliere il segreto di quella “espressione”, come un fuoco che non è diventato cenere.
(Pino Landonio)
Venezia: le impressioni
Città che affonda, dove la solida ragione
d’improvviso si scioglie in un ciglio bagnato,
dove l’australe fratello delle nordiche sfingi,
un leone dotato di ali e pure acculturato, non griderà
“aiuto!”, chiudendo il suo libro bruscamente,
ma affogherà felice tra sciabordio di specchi.
(J. Brodskij)
“Se dovessi cercare una parola che sostituisce “musica” potrei pensare soltanto a Venezia” questa la riflessione di Friedrich Nietzsche dopo una visita folgorante nella città. E Venezia è un miracolo che non finisce mai di sorprendere: chi la visita con occhio curioso non può non esserne ammaliato, conquistato per sempre.
E’ il caso di Nietzsche, ma anche di Maupassant, di Ruskin, di Thomas Mann, di Ezra Pound, di Brodskij…e di Giuseppe Cozzi. Più di mille scatti ha dedicato a Venezia, ad ogni ora del giorno e della notte, cercando di cogliere l’”attimo fuggente” che consentisse di ri-scoprire la città.
Ecco allora alcuni momenti magici delle albe e dei tramonti, quando la luce dell’ora sembra aggiungere oro ai monumenti e ai palazzi della città. O certe giornate nebbiose, in cui Venezia sembra confondersi e poi riapparire come sospesa tra sogno e realtà. E di notte, quando gli scatti pazienti e misurati di Giuseppe ci restituiscono l’immagine di un proscenio, di una quinta in cui si attendono solo gli attori e la trama per dare vita alla rappresentazione teatrale.
Perché Venezia è teatro, e musica, come diceva Nietzsche: e i silenzi della notte non fanno che esaltarne l’impressione e l’attesa.
Ha scritto, della sua lunga esperienza veneziana, Giuseppe Cozzi: “Una città che sembra facilissima da fotografare...Invece penso sia un luogo di non semplice lettura, con il rischio di scadere nel banale o nel già visto, ed è forse per questo che in alcuni scatti ho vissuto la “frustrazione” del “pensa questo scorcio con la nebbia, o con una spruzzata di neve, oppure in un'ora diversa...” Ma poi la pazienza di Giuseppe, la sua ricerca attenta del particolare, oltre che la sua frequentazione di luoghi meno noti, ha consentito di superare quella “frustrazione”.
(Pino Landonio)
Matera: la metafisica
E alzando gli occhi vidi finalmente apparire,
come un muro obliquo, tutta Matera. 
Di lì sembra quasi una città vera. 
Le facciate di tutte le grotte, 
che sembrano case, bianche e allineate, 
pareva mi guardassero, coi buchi delle porte, 
come neri occhi. 
È davvero una città bellissima, 
pittoresca e impressionante.
(Carlo Levi)
						Matera è la città che, nella sua singolarità, forse più si avvicina alla singolarità di Venezia. Una Venezia senz’acqua, e con i sassi: metafisica, quasi più sognata che reale.
Giuseppe Cozzi, l’unica volta che l’ha visitata nel 2017, ne è rimasto folgorato, e ha cercato di trasferire nelle foto questa sua emozione. Due giorni soltanto (e due notti) di scatti quasi continui: ecco allora Matera emergere come un presepe vivente, i suoi spazi vuoti colorarsi di una luce quasi innaturale, gli angoli nascosti custodire gelosamente le loro antiche ombre.
Ha osservato acutamente Michael Cunnighan: “Matera è come un enorme alveare, apparentemente solido dall’esterno, ma in realtà costituito per lo più da gallerie, cunicoli e grotte, talvolta poste una sull’altra a formare un’unica abitazione. Se la gran parte delle grandi città aspira oggi a costruire edifici sempre più alti, a testimonianza dei nostri tentativi di avvicinarci al cielo, Matera evoca un bisogno più primordiale, quello di scavare nella terra, di trovarvi abbraccio e protezione”.
E Giovanni Pascoli che a Matera ha trascorso una lunga stagione d’insegnante, le dedica questo ricordo: “Delle città dove sono stato, Matera è quella che mi sorride di più, quella che vedo meglio ancora, attraverso un velo di poesia e di malinconia”.
Non è un caso che Pier Paolo Pasolini l’abbia scelta come sfondo, come una vera e propria quinta, per il suo film più famoso, “Il Vangelo secondo Matteo”, perché il panorama unico di quella città disegna uno scenario senza tempo e fuori del tempo, tragico e dolente, ma maledettamente umano al tempo stesso.
Poesia e malinconia, ma anche metafisica: questo il tratto delle foto che Giuseppe, nella frenesia creatrice del suo soggiorno estivo, ci ha voluto consegnare perché ne facciamo a nostra volta tesoro.
Valganna e dintorni: le magie
Così ci fermammo nella rinnovata luce primaverile
mentre una luminosità accattivante reggeva e si apriva
e la montagna assoluta si specchiava nel lago
entrava in noi come un cuneo
spinto dolcemente a fondo…
(S. Heaney)
Il lago di Ghirla, in Valganna, amato da Giuseppe Cozzi, che aveva una casa poco distante, è stato oggetto di centinaia, forse migliaia di scatti, in tutte le ore del giorno e in tutte le stagioni.
E’ stato così possibile comporre una sinfonia di colori, di inquadrature, di emozioni, che ci restituiscono un lago sempre uguale e sempre diverso: con il riverbero del sole o il calare delle ombre, con le nebbie che creano intorno una sorta di magia, o le piogge che lucidano le foglie degli alberi, con le calure delle giornate afose o il gelo di quelle invernali.
Un lago che cambia in continuazione, anche attraverso gli ospiti che fanno da contorno: gli uccelli acquatici, le foglie e i fiori adagiati sull’acqua o nel fondo. L’assenza, in genere, della presenza umana non solo non toglie, ma se mai aggiunge fascino alle immagini.
Fa venire in mente una bella poesia di Giorgio Caproni: “Non uccidete il mare  / la libellula, il vento. / Non soffocate il lamento / (il canto!) del lamantino. / Il galagone, il pino: / anche di questo è fatto / l’uomo. E chi per profitto vile / fulmina un pesce, un fiume, / non fatelo cavaliere / del lavoro. L’amore / finisce dove finisce l’erba / e l’acqua muore. Dove / sparendo la foresta / e l’aria verde, chi resta / sospira nel sempre più vasto / paese guasto: “Come / potrebbe tornare a essere bella, / scomparso l’uomo, la terra”
Giuseppe ci mostra proprio la bellezza di una natura pressoché incontaminata: un monito per noi stessi e per le generazioni a venire, e un atto di speranza e di fiducia nella forza prepotente della natura.
(Pino Landonio)
Paesaggio italiano: le meraviglie
Le nostre vite sono svizzere –
così immobili – così fredde –
finché un pomeriggio chissà
le Alpi lasciano aperte le tende
e noi vediamo di là!
L’Italia è dall’altra parte!
Mentre come sentinelle in mezzo –
le Alpi solenni –
le Alpi sirene
eterne si frammettono!
(E. Dickinson)
Solo l'assuefazione a tanta bellezza può impedirci di cogliere le bellezze del paesaggio italiano. E' quello che ci dice la poesia di E. Dickinson che, fuoriuscendo dal grigiore del nostro quotidiano, ci invita a guardare al di là: e al di là c'è l'Italia, con il suo fascino, le sue perle, le sue incomparabili meraviglie.
Già abbiamo avuto modo di ammirare gli scatti di Giuseppe Cozzi su Venezia, Matera, la Valganna. Ma qui il suo sguardo punta altrove: e sono i colli e gli scorci della magnifica Toscana, oppure le spiagge di un'isola oggi agli onori delle cronache per gli sbarchi dei migranti, Lampedusa. Un'isola che unisce bellezze e tragedie me che, soprattutto, non ha mai perso l'umanità dell'accoglienza e della solidarietà. E poi altri scatti, che sapranno ammaliare.
Lo sguardo di Giuseppe non è mai freddo o distaccato, anche nel guardare i paesaggi. Come nei suoi ritratti prevale sempre l'empatia, frutto di un'emozione e capace di riprodurre una emozione. Sembra volerci scuotere dalla consuetudine e dall'assuefazione, per dirci: guardate l'Italia, non cessate di stupirvi e di amare l'Italia!
(Pino Landonio)
Monumenti di Milano: la sorpresa
Come fanno tutte queste persone ad abitare qui.
Perché, abitano qui.
Perché qui è Milano.
É quasi Milano.
E tutti ci stanno.
Perché a Milano ci sono tante cose.
Tutte quelle che non ci sono negli altri posti.
Sono lì.
Le cose.
Per questo la gente va a Milano.
(A. Nove)
Ho avuto la fortuna di condividere con Giuseppe Cozzi due anni e oltre di pazienti peregrinazioni per Milano, alla ricerca della statua perduta. Perché c’eravamo proposti di fare un censimento di tutte le statue all’aperto presenti nella città. A partire dalle più visibili e famose, ma senza trascurare quelle più neglette e nascoste nelle pieghe della città.
Abbiamo così fatto numerose scoperte, con non poche sorprese. Ad esempio quella più eclatante: al momento della nostra ricerca non esisteva in tutta Milano una sola statua dedicata ad una donna. È stato forse frutto della nostra segnalazione se, negli ultimi tre anni sono comparse almeno due statue dedicate a donne famose: Cristina Trivulzio di Belgioioso e Margherita Hack, e una terza, dedicata ad Alda Merini, sia in preparazione.
Ma abbiamo scoperto statue celate, come quella dedicata a Pinocchio, o un Mazzini defilato in Piazza della Repubblica, fino a un recente Nelson Mandela accanto al Consolato del Sudafrica. E, quasi per ogni statua, una storia, un aneddoto, un soprannome dato dai milanesi, come il “Sciur Carera” dato all’”Omm de preja” o i “Tri ciucc” appioppato al monumento dei martiri di Porta Romana.
In tutto questo Giuseppe con infinita pazienza, ha ritratto gli insiemi e i particolari delle oltre 140 statue censite, in condizioni spesso proibitive, per le condizioni del tempo o per il traffico che il più delle volte intralciava l’esecuzione dello scatto. Per lo più istantanee, tra le quali non è sempre stato facile selezionare le più adatte a rappresentare la singola statua in un libro che abbiamo confezionato insieme.
Giuseppe Cozzi, presentando in numerose sedi il suo lavoro milanese, soleva dire: “Buona la prima. Perché la vera sfida è stata quella di cogliere l'immagine al primo scatto, girando per Milano nel suo traffico, a qualunque ora e a condizioni meteo diverse, con i suoi monumenti posizionati in spazi angusti: da quelli posti ai crocevia, a quelli “troppo in alto”, ai capolavori, ma anche a quelli di scarso pregio. Di una cosa però sono stato certo fin dall'inizio: quei monumenti, tutti, così taciturni e immobili, sarebbero stati qualcosa di vivo, soggetti “parlanti”, portatori della loro storia, sia per quello che rappresentavano, sia per chi li aveva realizzati...”
(Pino Landonio)